Red Sands, la Pamplona di David Procter

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(ph) Pedro Armestre, San Fermin 2013

Ultimo encierro chiuso, San Fermin attende solo la corrida di Miura e il Pobre de Mi per calare il sipario. Già da questa notte si potrà recitare il mantra del ya falta menos, la formula di auspicio e desiderio che è orazione taumaturgica per curare le ferite della nostalgia. Un nuovo anno di cinquantuno settimane trascorse in precario equilibrio tra il ricordo entusiasta della feria ormai passata e il sogno languido della prossima che verrà.

A dare una mano in una qualche serata di malinconia potrà essere un cortometraggio misurato e romantico: Red Sands, dell’inglese David Procter, è un documento sulla passione per i tori in Spagna e a Pamplona più precisamente. Si ritrae una giornata alla festa di San Fermin, dalla corsa del mattino all’ultima stoccata del pomeriggio. A narrare il filmato, fuori campo, è quello che si intuisce essere un aficionado attempato, con la voce roca d’ordinanza. Red Sands è un documentario, e certo molto anglosassone: asciutto, oggettivo, sufficiente a sé. Non è né un filmato amorevolmente apologetico né un prodotto fanaticamente antitaurino. Ci sono i volti tesi o rilassati del pubblico all’arena, c’è il toro che esce dal suo gabbiotto e si infila nel circo, c’è la picca. Una prima, una seconda, il sangue che cola sul manto bianco dell’animale, lo sporca, lo marchia, la vita che esce dal corpo. Ci sono le banderiglie, prima nelle mani dei subalterni e poi nella carne dell’animale. I passi con la muleta, a destra o naturali, molinetes o circolari, gli scarti del toro, il suo respiro, lo zoom sui suoi occhi. C’è l’arte e c’è il sangue, c’è il dolore e c’è l’entusiasmo. C’è la spada che entra. C’è addirittura la puntiglia: la prima efficace e rapida, la seconda meno, la terza da macelleria. C’è tutto, come dev’essere in un documentario.

La voce fuori campo, che lascia pensare a un volto segnato dalle rughe, a un sigaro tra le labbra e a un bicchiere di fino sul tavolo, gratta come una puntina su un disco impolverato, dà corpo a quelle immagini, le rende umane, vive, tridimensionali. Quella voce, a cui solo per qualche fotogramma riusciamo ad associare un volto, si confessa agli spettatori, dice del suo contrastato amore per i tori: parla di emozioni così vere e forti da non poter essere tradotte, insieme di felicità e dolore, di liberazione e tensione, di infinita passione e ruvidi sensi di colpa.

Red Sands è una visita in punta di piedi e gentile ad un mondo unico ed eterno.

Buona visione.

 

RED SANDS

 

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