A un aficionado

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1980
foto di Luigi Ronda

Esiste un paradiso dove i tori non smettono mai di caracollare nell’infinita dehesa verso la fonte di acqua gelida, crescono imponenti e pieni di dignità reale, si sfidano talvolta ma senza uccidersi mai e corrono nel sole e si riparano dalle piogge e guardano noi uomini con i loro occhi pieni di verità. Chi di noi avrà accesso a quel paradiso, potrà ritrovare negli occhi degli animali la propria verità, la propria instancabile ricerca, e vivrà lì per sempre, nella verità che ha cercato, nell’onestà che si è conquistato, nella semplice bellezza della natura in cui ha voluto vivere in terra e che si è meritato per l’eternità. Ieri sera, Carlo Cattaneo, grande aficionado, si è affacciato sul suo paradiso e io lo immagino adesso sereno come è sempre stato, con il suo sguardo gentile e il suo sorriso aperto mentre osserva i campi sconfinati e sente l’aria fresca e frizzante dell’autunno che lo rincuora e gli dà di nuovo fiducia.

Nel tempo e nello spazio che attraversiamo in questa vita, gli impedimenti, le casualità, le sofferenze sono innumerevoli, imprevedibili, a volte difficili da sopportare. Chi ha conosciuto Carlo Cattaneo sa la forza e la tenacia misurata con cui ha affrontato ogni difficoltà, dalle più insignificanti alle più dure. E chi, come lui, ama i tori, sa quanto nei tori e nella sfida che essi mettono di fronte all’essere umano, Carlo ha potuto sempre specchiarsi. Per trovare verità, per trovare la bellezza della verità con cui si affronta il toro più duro. Sono le grandi sfide. Quelle di una vita intera. Che alla fine definiscono un uomo.

Era stato preso dalla passione tauromachica per caso, Carlo, durante un viaggio in Spagna a visitare la figlia Margherita, amatissima, come del resto Aldo e Valentina e i cinque nipoti che aveva sempre seguito assieme a sua moglie Palmira. Del tutto estraneo a qualsiasi pregiudizio, aveva voluto fare esperienza di un rito d’arte che spinge le masse alla riprovazione istintiva. Ma lui il rito lo aveva sentito subito sulla pelle. Quindi non aveva smesso più. Si era innamorato dell’animale più puro e della tauromachia più pura. Il toro toro, quello che per salvarlo ci vogliono allevatori seri, che seguono passione e verità, nonché toreri capaci di tutto, e appassionati come lui, disposti a pensare solo alla sfida nei suoi caratteri più essenziali. Niente orpelli, niente finzioni soprattutto. Solo estrema ricerca della verità.

(foto di Michele Saladino)

Per questo, il suo cuore batteva soprattutto a Céret e Vic Fezensac, ma non lo distoglieva certo da Madrid, dove non mancava le chiacchiere del mezzogiorno alla Venencia e le discussioni dopo la corrida al Waniku. Dalla sua Caravaggio dove era nato sessantanove anni fa, era arrivato a sapere tutto degli allevamenti che aveva a cuore, mentre fra i toreri, non aveva mai smesso di celebrare Ivan Fandiňo con tutto quello che il torero basco aveva saputo dare al mondo dei tori, nei successi e anche nei fallimenti, fino all’epilogo tragico che ne ha fatto un piccolo enorme eroe dei nostri tempi.

Fra gli aficionados italiani, si era conquistato un posto unico. Per il carattere così interiormente gentile e sincero, e per la passione totale vissuta senza retorica, senza partigianeria e con immensa fede nell’essere umano, Carlo è sempre stato quello che metteva tutti assieme, che cercava senza mai esagerare e sempre con un tocco di ironia e disincanto, di appianare gli scontri feroci a cui spesso gli appassionati si lasciano andare. Questo sito, Uomini e Tori, nacque anche grazie a lui e grazie ai contributi che mise in campo con la sua azienda specializzata in meccanica di precisione per componenti usate da BMW e Audi. Ci metteva la faccia, ogni volta, e non solo quella, Carlo, ingegnere meccanico sopraffino. Ma lo faceva con una levità tutta sua, una distanza dalle piccole recriminazioni in cui tutti cadiamo, una grazia che lo rendeva così unico da essere un punto di riferimento indiscusso.

(foto di Michele Saladino)

Nella sfida fra l’uomo e l’animale, metafora della grande sfida che tutti affrontiamo durante le nostre vite, Carlo sapeva che il momento della verità è uno solo. E non lo ha dimenticato mai. Mai.


Lo immagino in campi che adesso, mentre la luce cala nelle giornate che vanno accorciandosi, sembrano diventare più freddi e solitari. Ma chi se ne intende sa che è il momento decisivo. La stagione dei tori finisce, ma la stagione dei tori non finisce mai, perché gli animali è proprio ora che si preparano a diventare ciò che sono. E così è per gli uomini che negli occhi di verità dell’animale si specchiano, a volte ritrovando se stessi. La verità che nei tori tutti noi, ognuno a suo modo, cerchiamo è quel che compensa una vita fatta di infinite battaglie, piccole e grandi. Quelle piene di ricerca e passione senza ostentazioni compongono un quadro che alla fine illumina l’uomo. Al punto da sottrarlo definitivamente all’oblio delle cose terrene.

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Matteo Nucci (Roma, 1970) è scrittore, oltre che aficionado. Negli anni Novanta a El Espinar, durante una notte interminabile, vide vaquillas correre nella plaza. Era l'inizio della febbre tauromachica

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