2019: un sogno taurino

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Pablo Picasso, Tauromaquia, 1957.

Se non fosse ormai in vigore, sostanzialmente per tutti i partiti politici occidentali, senza alcuna esclusione di colore e provenienza (ma con qualche – sensibile – sfumatura), la “legge” che prevede di parlare e stabilire strategie solo dopo aver conosciuto le propensioni dell’elettorato per assecondarne i desideri e le paure, inseguire gli appetiti e i voltastomaco, soffiare sul fuoco del terrore e carezzare i brividi della speranza; se insomma, non vivessimo quell’epoca di opulento edonismo che ha visto nella crisi un dramma più che un’opportunità e se i rappresentanti della società civile nei parlamenti democratici si preoccupassero di guidare i propri cittadini più che adularli, allora il mio sogno per il 2019 taurino avrebbe un senso.

Sogno che ogni partito politico spagnolo che in questi mesi ha contribuito a un dibattito sul mondo dei tori assolutamente sorprendente e per molti versi drammatico, contribuisca a votare una legge sul conflitto di interessi che possa far piazza pulita delle più evidenti contraddizioni interne di un mondo allo sbando. Una semplicissima legge sul conflitto d’interessi che impedisca, in maniera intelligente e articolata, che i ruoli degli attori principali nell’organizzazione e allestimento di spettacoli taurini non si confondano, si sovrappongano e finiscano per ricattarsi vicendevolmente. Gestori di plazas de toros, rappresentanti di toreri, allevatori. Queste le tre figure fondamentali da tenere distinte in ogni modo e non soltanto impedendo a un medesimo individuo di poter essere sia impresario di una plaza sia apoderado sia ganadero, come oggi accade.

Eviteremmo di trovarci di fronte a situazioni che conosciamo benissimo e che hanno contribuito da sempre a rendere inattaccabile quella dimensione del mundillo in cui allignano atteggiamenti mafiosi capaci di portare negli ultimi anni a una decadenza drammatica. Impresari che comprano lotti di tori inguardabili pur di assicurarsi possibili scambi su altri fronti (per esempio vedere il proprio torero convocato nelle plazas del ganadero che ha venduto i suoi scarti). Rappresentanti di toreri che spingono il proprio ragazzo a toreare in circostanze intollerabili pur di conquistare spazi di azione altrove (per esempio ricevere nelle proprie plazas tori o toreri altrimenti impossibili). Allevatori accomodanti che allestiscono corride a seconda delle necessità pur di conquistarsi crediti da far valere in altre trattative. E tutti quei casi infiniti di favori e minacce, di plazas umiliate, allevamenti perduti e toreri stroncati perché poco allineati, come i casi di Alejandro Talavante e Diego Ventura hanno mostrato in maniera lampante negli ultimi tempi.

Non sono questioni nuove nel mondo dei tori. Ma quanto converrebbe a tutti se venissero finalmente regolamentate? Se al termine della seconda decade del nuovo millennio si potesse infine ragionare su una dimensione ripulita del cancro che la corrode. Se il pubblico potesse essere rispettato nelle sue aspettative e nelle sue passioni e gli stessi antitaurini potessero scatenarsi contro la dimensione che detestano ma soltanto per ciò che è e non per ciò che ha finito per diventare a causa dei guai che la corrodono alle radici. La sopravvivenza dei tori sarebbe completamente legata alla passione e alla vitalità che ancora i tori generano e non alle bassezze e alle meschinità che ne stanno modificando completamente la natura.

Ma potrebbe poi Vox alzare il vessillo della tauromachia come simbolo identitario? Potrebbe il Partito Poplare difendere la tauromachia per ragioni economiche? Potrebbe il Partito Socialista ondeggiare fra gli ambigui cedimenti a Podemos e al trionfante e ignorante istinto abolizionista da una parte (che hanno spinto fra l’altro a non concedere quest’anno la Medaglia delle Belle Arti a un rappresentante del mondo taurino – caso eccezionale) e le dichiarazioni con cui si assicura che non esiste alcuna volontà di abolire le corride in Spagna dall’altra (una dichiarazione di per sé pericolosissima perché apre scenari inauditi, in cui la possibilità di abolizione è comunque presa in considerazione). Potrebbero i partiti politici continuare a far consensi sui tori e alle spalle degli appassionati, in un senso o nell’altro? Resta un sogno, quello di un’unanime legge sul conflitto di interessi. Ma non si va avanti senza ilusión. Mai perderla se si vuole continuare a sfidare il toro nero che è dentro ciascuno di noi.

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Matteo Nucci (Roma, 1970) è scrittore, oltre che aficionado. Negli anni Novanta a El Espinar, durante una notte interminabile, vide vaquillas correre nella plaza. Era l'inizio della febbre tauromachica

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