Il Manolete di Conrad

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Personaggio vulcanico capace di passare agevolmente dalla boxe alla pittura alla musica, vice console americano in Spagna dal ’43 al ’46, il californiano Barnaby Conrad fu folgorato durante il suo soggiorno iberico dall’arte tauromachica tanto da diventare intimo dei più grandi toreri dell’epoca (Belmonte, Arruza) e addirittura alternare con loro in qualche festival.
Gravemente incornato nel ’58, il “Niño de California” – questo il suo nome da torero – ritornato nella natìa America aprì a San Francisco un bar taurino, foto di Manolete alle pareti e tapas sul bancone.

Non fosse che per il profilo del suo autore, Matador meriterebbe una lettura.
Pubblicato nel 1952 e protagonista di un successo mondiale (milioni le copie vendute), l’opera è stata tradotta in una trentina di lingue, e Steinbeck o Faulkner tra gli altri non si limitarono nei commenti generosi e elogiativi.
Il libro è, essenzialmente, il racconto dell’ultima corrida e della morte di Manolete: Conrad si limita nella narrazione a cambiare qualche elemento, il califfo diventa Pacote e il suo rivale Dominguin diventa Tano Ruiz, la corrida fatale è a Siviglia e non a Linares… ma la storia è esattamente quella che conosciamo, con il toro di Miura, la bella e mantidea Socorro/Lupe Sino, la rassegnazione autodistruttiva del torero.

Un romanzo taurino come ormai non se ne scrivono più, e peraltro costruito bene: l’azione si svolge esclusivamente nella claustrofobica camera d’hotel e nella Maestranza che diventa teatro di morte, la costruzione della storia conquista il lettore obbligandolo ad accelerare per arrivare all’epilogo, ed i personaggi sono davvero ben definiti.
Certo che però il libro ha qualcosa di diverso, e il suo autore è bravo a raccontarci altro.
Matador è l’inesorabile discesa verso le angosce più profonde di Pacote, il suo ricorso suicida all’alcool, le sue incontenibili paure e il suo precipitare coscientemente verso una fine segnata.
Il Manolete di Conrad è un uomo fragile e stanco più che un torero che segnerà la sua epoca, i suoi sono gesti ora nervosi e irritati ora infantili e inadeguati, è un uomo che conosce le proprie paure e pure non riesce a vincerle e forse, segretamente, nemmeno vuole.
Il Pacote protagonista di Matador è insomma uno fra i migliori personaggi letterari taurini che si possa capitare di incontrare, e il cui ricordo difficilmente sbiadisce nel tempo.

Una lettura caldamente consigliata dunque, a maggior ragione ora che la temporada invernale è tragicamente agli inizi e i mesi a venire saranno lunghi e grigi.
Piccola nota finale, l’edizione Bompiani che abbiamo recuperato su Ebay a un prezzo ridicolo (meno di 3 euro) è la prima mai pubblicata in Italia: datata 1954, la copertina è illustrata niente meno che da Bruno Munari.
Altri tempi.

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