Il futuro incerto del toro

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Il lettore aficionado non troverà nelle righe che seguono poesie, sonetti in rima né omaggi floreali. Su questo riconosco la mia assoluta incapacità. Prosa, pura prosa, senza fronzoli; ma pulita, sincera,semplice, senza il “pico de la muleta”, con il “petto davanti al toro”. Faena breve, ché da sempre con venti buoni “muletazos” si tagliano le orecchie!(Las leyes calladas del toreo – Fernando Fernàndez- Figueroa)

(In quanto segue distinguo “il taurino” (colui che vive del toro) dall’ “aficionado” (colui che vive per il toro..)

Non c’è dubbio che la presenza del pubblico nelle arene, salvo a Siviglia durante la feria di aprile e qualche volta a Madrid a San Isidro, è spesso scarsa.

I pochi spettatori in altre plazas si accontentano di chiedere orecchie, forse per compensare psicologicamente l’alto costo dello spettacolo senza prestare grande attenzione alla validità di tori e toreri.

Il quesito sorge naturale: con questo andazzo la corrida sopravvivrà ? 

Per provare a dare una risposta occorrerebbe mettere a fuoco l’impalcatura che regge il negocio taurino, il cosiddetto mundillo, e in particolare l’operato dei tre o quattro gruppi che dominano lo spettacolo, gestendo in contemporanea toreri, arene e allevamenti. Ma non tanto dal punto di vista della conduzione del business (rimasto, incredibilmente, identico a come veniva praticato più di un secolo fa), quanto per esaminare l’atteggiamento dei responsabili rispetto agli elementi basilari della corrida: il torero, il pubblico e, soprattutto, il toro.

La prima impressione è che la loro impostazione sia basata sull’arbitrio, per non dire sull’ingiustizia.

Nell’attività privata, il professionista affermato interviene nei casi complicati, consoni ai lauti onorari che incassa, il giovane praticante lo aiuta, osserva, impara , segue le situazioni semplici e naturalmente riceve un modesto stipendio.

Nella corrida succede esattamente il contrario, i poveri novilleros e i matadores di seconda e terza linea affrontano per pochi euro i novillos e i tori di maggior trapio, i più complicati e pericolosi, quelli con le corna più lunghe, mentre gli apoderados delle figure scelgono negli allevamenti detti “commerciali” i tori più comodi, facili cioè i boyantes che consentono alle star di trionfare con meno rischi e portare a casa buona parte dell’incasso del pomeriggio .

Penso, come tanti altri, che senza l’intensa emozione che provoca un toro bravo, encastado, la corrida ha scarsa giustificazione al giorno di oggi. Probabilmente, se l’organizzazione dello spettacolo non cambia, anche i più entusiasti habitués delle grandi plazas difficilmente riempiranno, salvo in rari casi, i tendidos “fino alla bandiera”, come spesso accadeva fino a qualche decennio fa.

Per parlare chiaramente, le figuras dovranno adeguarsi a lidiar, e a dominare, anche i ruvidi tori provenienti da encastes ”duri” (e non solo gli onnipresenti Domecq) e poi, se gli è possibile, concludere con una sequenza di pases di alto pregio e una stoccata en todo lo alto, se vogliono mantenere i loro attuali cachet.

Non sto chiedendo niente dell’altro mondo: una vera figura della tauromachia come il grande Antonio Ordonez nella sua carriera (1949 – 1971) ha lidiato tori di Pablo Romero, Prieto de la Cal, Conde de Mayalde, Concha y Sierra, Conde de la Corte, Albaserrada, Lisardo Sànchez, Guardiola, Buendia, Atanasio Fernandez, Miura, Barcial, ecc. e non solo quelli di Domecq. In totale matò 241 novillos e 2.058 tori di svariati encastes…

(Riconosco il fatto che quest’anno Morante de la Puebla ha deciso di annunciarsi nei carteles con tori di encastes ormai dimenticati dalle altre figuras ma resta un caso isolato).

Il punto ora è capirci e capire. E in primo luogo: perché tanti tori che vediamo in questi anni ci sembrano cosi remissivi?  Escono dal toril nel pieno della loro potenza? Resistono tre varas (o al meno due)? Mantengono chiusa la bocca mentre caricano la cappa, il cavallo e la muleta? Aggrediscono il burladero dove si rifugiano i peones? Se la risposta fosse affermativa gli aficionados seguirebbero con grande attenzione le performance dei toreri. In realtà, invece, noi tutti vediamo nei tendidos gente che sbadiglia, che chiacchiera, impegnata semmai a scattare selfie. Come dar loro torto? In pista spesso troviamo animali che suscitano addirittura compassione: deboli di “mani e piedi”, cadono al secondo o terzo capotazo, zoppicano (e come mai? nessuno lo spiega. I taurini usano una parola magica “acalambrado”, per dire che hanno i crampi, mah!); mostrano una salivazione spessa (e come mai? nessuno lo spiega); tutti o quasi i tori di una corrida escono con vistose tracce di diarrea (e come mai? nessuno lo spiega) oppure presentano un’ eccessiva minzione (e come mai? nessuno lo spiega). I misteri, insomma, sono tanti.

Per non parlare della vecchia , brutta manovra dell’ afeitado (che come si sa consiste nel tagliare non solo il “diamante” cheratogeno della punta delle corna ma addirittura quattro o cinque centimetri del corno stesso) che deve il suo nome al fatto che l’operatore taglia il pelo intorno alla base del corno per dare al pubblico l’impressione che questo non è stato accorciato..

Se in più i peones dietro il burladero chiamano con la cappa il toro che arrivando trova il duro legno del burladero e si rompe le corna (che si apre come una rosa, perché probabilmente non ha più il “diamante”) e i picadores chiudono l’ uscita dell’animale con la carioca e poi mettono la puya, non nel morrillo (dove si toccano solo i muscoli del collo ) ma spesso dietro la “croce” (colpendo importanti muscoli del torace) è chiaro che il povero toro sfida in totale inferiorità di condizioni il lidiador, il picador, i tre banderilleros. Ma è giusto tutto questo?

Non dimentichiamo infine il ruolo centrale di chi allo stesso tempo è potente impresario, apoderado dei toreri e allevatore e ha in mano tutte le chiavi dello spettacolo.

Se fai toreare nelle tue arene solo i toreri che rappresenti con i tori che tu allevi, tagli le ali a ganaderos e toreri indipendenti . Nei business in tutto il mondo si ripete che il cliente è il re. Nel toreo, il cliente vale poco: francamente non si tengono in grande considerazione le richieste degli aficionados come quella di presentare carteles con le figuras (le quali peraltro sarebbero tutte capacissime di affrontare animali di ogni encaste) e ganaderias sia dure che commerciali.

Certo, nessuno chiede che oggi i tori siano come quelli del Settecento. La sensibilità è molto cambiata. Ma il toro in ogni caso deve dare impressione di pericolo. Altrimenti la corrida rischia di convertirsi in un balletto: e per applaudire il balletto si sta più comodi a teatro.

Gli allevatori hanno una grande responsabilità nelle decisioni sugli aspetti genetici e gli incroci nella ricerca della toreabilità caratteristica principe per uni o della fierezza tenacemente cercata da altri. 

Dato che nel campo gli animali sono sottoposti a marcatura, vaccinazioni e continui controlli veterinari, gli allevatori dovrebbero evitare di manipolarli ancora di più inserendo le fundas, quelle orribili protezioni delle corna che finiscono per alterarne la sensibilità.

Gli allevatori dovrebbero anche evitare che i loro tori siano messi spesso in contatto con gli esseri umani: se a un bufalo della Tanzania, abituato a caricare il branco dei leoni gli diamo del mangime premiscelato, lo vacciniamo, lo visitiamo periodicamente, usiamo dei tranquillanti per farlo entrare nel cassone per spostarlo, prima o poi perderà l’aggressività..

Non credete?