Torero: condanna a priori

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Pochi giorni fa a Verona, durante Fieracavalli si sono esibiti in esercizi di Doma Vaquera due rejoneadores lusitani, Diego Ventura e Rui Fernandes. Nicole Berlusconi, presente con la sua Associazione, ha lanciato l’allarme: due toreri presenti in scena. Orrore. Quasi fossero due criminali. Il comunicato in cui Fieracavalli ha condannato la presenza dei rejoneadores costituisce una gravissima lesione dei diritti individuali, nonché un precedente culturale su cui riflettere. Lo fa qui Angelo D’Ambra, aficionado, che con questo articolo comincia a collaborare con Uomini e Tori.

di Angelo D’Ambra

Vorrebbero platee di manichini dechirichiani, probabilmente le otterranno, ma su esse peseranno sempre degli enigmi, le lunghe ombre di verità antiche, l’eco dei miti, il riverbero di identità naturali. E’ in atto una galoppo a scavezzacollo verso l’amorfismo sociale, si intorpidisce la ragione con l’assenzio del progressismo e si spinge l’umanità verso l’alienazione, lo svuotamento valoriale ed emozionale. Poi, però, l’ingranaggio si inceppa, qualcosa va storto e lo scanner lascia passare ciò che non dovrebbe passare. Viene annunciato l’ingresso in campo di alcuni toreri per una esibizione di Doma Vaquera e quelli che dovevano (e dovranno) essere fantocci si emozionano, battono le mani e corrono a farsi la foto con loro.

La breve ed applauditissima esibizione di Diego Ventura e Rui Fernandes a Fieracavalli Verona, con la precipitosa ed imbarazzante condanna da parte degli organizzatori, ebbri di animalismo, ha avuto senza dubbio almeno due risvolti positivi. Il primo è che ha bloccato l’ingranaggio, anche se solo temporaneamente. La semplice evocazione della corrida, ha rimesso l’individuo – chi era presente e chi ha saputo – in contatto con la bellezza proibita (una volta, nel 1940, in luogo dei consueti manichini, Giorgio De Chirico dipinse se stesso in costume da torero…).

In secondo luogo, ha permesso al pubblico italiano di conoscere l’arte del rejoneo. Sebbene i due portoghesi abbiano solo sfoggiato un buon numero di Doma Vaquera, le conseguenti polemiche hanno indotto tanti ad aprire google e cercare qualcosa per capirne di più, imbattendosi nelle magnifiche faenas dei due jinetes. Questa è la forza della tauromaquia, anche di quella a cavallo, spagnola o portoghese che sia, per quanto la si ghettizzi, per quanto si cerchi di censurarla e denigrarla, in nome di una presunta civilizzazione, essa acquisisce nuove fascinazioni e più forte carisma. La corrida seduce un pubblico che non vuole essere manichino, che è alla ricerca della libertà, a caccia della propria individualità, già annoiato e disgustato dalla mortificante omologazione.

Nel goffo tentativo di riportare gli umani a fare i manichini, il comunicato di Fieracavalli Verona ha toccato l’inquietante, ha espresso sconcertanti valori antidemocratici e discriminatori. L’organizzazione, infatti, ha trasceso il piano meramente fieristico, sconfinando in quello ideologico. Si è banalmente dissociata da manifestazioni taurine, che di fatti non erano in programma e non ci sono state, ed ha fatto di più. Si è spinta al punto da sentenziare su “parte della cultura del Cavallo Iberico”, rea di essere “ancora legata a tradizioni lontane e che oggi vanno cambiate”, ha innalzato se stessa a giudice di una nobilissima tradizione, non si capisce bene in virtù di quali meriti. Come se non bastasse, poi, ha attaccato dei cavallerizzi, Diego Ventura in particolare, per qualche cosa che non c’entra con l’evento. A Verona non c’è stata la tauromachia, c’è stata l’esibizione di cavalieri che fanno anche tauromachia e la Fiera li ha condannati non per quello che hanno fatto durante l’evento, ma per quello che sono, affermando che è “stata commessa una grave leggerezza nell’ospitarli in campo”. Ecco la discriminazione vergognosa, sulla base della loro personalissima eticità – ovviamente ritenuta migliore della nostra – gli organizzatori hanno annunciato la negazione dell’accesso ad un gruppo di cavallerizzi a causa della loro identità di rejoneadores. Da oggi un qualsiasi cavaliere che partecipi alla tauromachia non potrà intervenire alla kermesse veronese per esibirsi in esercizi di Doma Vaquera.

L’anatema sul rejoneo, su chi lo pratichi e sulla partecipazione di chiunque abbia a che fare con esso è stato lanciato. Spianerà la strada a quelli per altre categorie umane sgradevoli agli organizzatori? Per esempio potranno partecipare i cavalieri che praticano la caccia e quelli che si occupano di allevamenti e macellazione delle carni?

“Il manichino non è una finzione, è una realtà, anzi una realtà triste e mostruosa”, diceva De Chirico. Fortunatamente l’ingranaggio si inceppa, qualcosa va storto e lo scanner lascia passare ciò che non dovrebbe passare.

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