Madrid, 29.05.19 – Victorino Martín

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(ph) Las Ventas

La nostra arena è stata, è e sempre sarà Madrid. Las Ventas è casa nostra, è in quella plaza che tre generazioni sono cresciute come aficionados con il nostro abbonamento nel tendido alto dell’8, per il quale abbiamo molto affetto. E’ parte di noi e ci ha dato tanto a livello professionale e anche personale, e per questo le siamo molto grati.

Pilar Martín Canto, terza generazione di ganaderos

Era esattamente il 29 maggio, esattamente 100 anni fa, quando sulla sabbia dell’antica arena madrilena della carretera de Aragón debuttarono sei tori del marchese di Albaserrada, fratello del conte di Santa Coloma da cui aveva acquistato sette anni prima un lotto di bestiame di pura sorgente saltillo. Corrida sontuosa e imponente, brava e torrenziale: Rodolfo Gaona, la grande vedette messicana di quegli anni, fu spazzato via da Barrenero, no hay quinto malo, un toro completo e selvaggio, sette picche vincenti, due giri d’onore per lui e tre avvisi per il torero. Il marchese si godette poco il trionfo e in generale gli altri piaceri della vita, passando a miglior vita in quell’anno. La sua vedova di sbarazzò velocemente delle bestie vendendo dunque a José Bueno Caton, ganadero che possedeva alcune tenute in Extremadura: gli albaserrada finirono però presto nelle mani della vedova Caton (forse erano tempi difficili per gli allevatori) e in quelle del cugino di lei Roque Escudero. Nessun nuovo decesso significativo e dunque il sangue rimase per qualche decennio nelle proprietà della famiglia Escudero Calvo, perdendo però progressivamente di brillantezza e blasone. Fino a che negli anni sessanta irruppero sulla scena Victorino Martín Andrés  e fratelli, con i risultati che conosciamo. Oggi la casta albaserrada è custodita solo nei ferri di Victorino Martín, Adolfo Martín e José Escolar: ottima iniziativa dunque quella dell’impresa madrilena di omaggiare il centenario delle esibizioni di questo encaste storico e prestigioso nelle arene di Madrid con un mini ciclo di tre giorni, nel cuore di San Isidro, che permette ai tre allevamenti di sfilare, uno via l’altro, nell’arena più importante.

Oggi toccava ai victorinos: corrida di presentazione criticabile, anodina al cavallo, con condizioni e comportamenti ineguali che andavano dalla mancanza di qualità minime del secondo alla nobleza del quarto, dalla malignità del primo alla casta propizia del sesto, tori senza classe in linea general, impietoso il confronto con gli Escolar del giorno prima.

Il pomeriggio si è stancamente trascinato fino all’ultimo toro, passando per momenti di noia e istantanee illusioni di interesse presto abortite.
Octavio Chacón ha gesti toreri sicuri ed efficaci (il suo modo di imbarcare il toro con la cappa tenuta bassa, retrocedendo agilmente, fino a condurlo nel centro dell’arena), è un lidiador come oggi ce ne sono pochi, ma non è stata la sua giornata. Una bestiaccia Milhijos, il primo toro del giorno, che sfrontato sballottava l’uomo qua e là a piacimento e che Chacón non riusciva a dominare nel corso di una faena faticosa e incompleta. Male, il torero di Cadice, anche con il secondo avversario, un toro nobilotto che poteva permettere di più e a quale però veniva offerta una lidia sincopata e incerta, tanto da indurre quello a scomporsi e a cominciare a dare problemi. Non era la giornata di Chacón (due silenzi per lui) e solo un poco meglio andava a Daniel Luque, che perlomeno aveva la buona idea di sorteggiare il lotto migliore. Mingano, in seconda posizione, doveva accettare il dispetto di due picche assassine giù per la schiena ma nonostante queste si presentava nell’ultimo atto senza spirito di vendetta: lavoro onesto quello di Luque, fatto anche di passaggi in un qualche modo ispirati e coraggiosi, ma il tutto rimaneva su un registro cromatico di mezzetinte senza mai prendere il volo. Ovazione per il torero dopo una stoccata imperfetta, silenzio al quinto del pomeriggio davanti al quale Luque si ricordava del suo passato di aspirante figura e che trattava con un toreo superficiale e inutile.

Detto del silenzio raccolto pure da de Justo all’equatore del pomeriggio, arriviamo al sesto victorino, Director, uscito dagli stalletti quando l’arena era ormai sfiduciata. Tutta la toreria di Emilio de Justo veniva servita subito, a toro ancora crudo: tre veroniche profumate e tre medias di autorità, il pubblico finalmente a decomprimersi e a gorgogliare olé! Director faceva il suo dovere e niente più contro il cavallo, quasi che direttore lo fosse di un ufficio postale in un paesino di provincia e l’importante sia portare a casa la giornata senza crearsi troppi problemi, e successivamente sempre senza scomporsi inutilmente permetteva a
Morenito de Arles e José Manuel Pérez di farsi protagonisti di un gioco di banderiglie acrobatico e prepotente, cappello levato per entrambi. Muleta in mano, Emilio de Justo inchiodava i piedi a terra nel centro dell’arena e con un tocco autorevole chiamava Director a seguire quel rosso che teneva nella mano sinistra. Una serie e poi un’altra su quel corno, la figura dell’uomo rilassata e pure dando un’impressione di grande forza, gesti toreri e di eleganza naturale, passi calibrati e potenti, la muleta un magnete. Il toreo di de Justo era classico e virile, di dominio senza fioriture inutili, di serietà senza passaggi che non abbiano un fine certo. Il toro ora sottomesso si metteva al servizio di quella volontà umana, la presa passava a destra e la seconda serie su questo lato era davvero eccellente per profondità e riuscita. Director non era però toro da faena grande e forse per questo il lavoro viveva sporadici momenti di incongruenza e indecisione, microscopiche ma evidenti pause in cui l’uomo pareva perdere improvvisamente la fiducia in quei talloni piantati a terra e in quel polso fermo e per un attimo, un attimo solo, si assisteva ad uno sbandamento inaspettato. Arrivavano però dei naturales de frente che facevano ruggire l’arena a chiudere un’opera importante, passi mancini pieni di valore e importanza, toreri. Stoccata non perfetta ma efficace, orecchia plebiscitata e indiscutibile.

Madrid, 29 maggio 2019. Corrida di Victorino Martín, lotto disomogeneo e mediamente di poche qualità. Octavio Chacón (silenzio/silenzio), Daniel Luque (ovazione/silenzio), Emilio de Justo (silenzio/orecchia).

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