Il 25 novembre del 1991 Christian Montcouquiol è stato per l’ultima volta Nimeño II.
Per l’ultima volta torero.
Il 25 novembre del 1991, torero, Christian Montcouquiol si è ucciso.
Messico, marzo 1982. Al secondo pinchazo, Christian scuote la testa, chiude rabbiosamente il pugno e va a riprendere la spada che il banderigliero gli sta porgendo.
Si rimette di fronte al toro, la spada puntata al garrese, e il suo viso si fa duro.
Lascia cadere la muleta ai suoi piedi, come un tappeto sul quale marciare per andare a gettarsi tra le corna, seppellendo la spada per intero.
Lo scontro è violento. Christian è sollevato da terra, ma si raddrizza e si immobilizza, le braccia alzate, intanto che il toro per un istante si paralizza, tossisce, abbassa la testa, trema e poi cade pesantemente su un lato, morto.
Christian chiude gli occhi un seconto, e li riapre per vedere tutto il pubblico in piedi.
Il 25 novembre del 1991 era un lunedì. L’alba di un’altra settimana senza poter tornare ad essere Nimeño II: Christian Montcouquiol si è ucciso un lunedì, senza più speranze, appeso a una corda come era stato per tante volte appeso alle corna di un toro.
Un lunedì di novembre è il giorno migliore per togliersi la vita, se sai che la tua vita non sarà più quella che hai prima sognato e poi conquistato.
Se sei stato torero ed ora, solo, uomo.
Quando Victor Mendes è rimasto steso sulla sabbia, raggomitolato nel dolore, hai dovuto pensare che oltre al toro che l’aveva appena ferito tu avresti dovuto affrontare anche tutti quelli di questa corrida, cominciata così male. Il tuo desiderio mai realizzato di toreare da solo sei tori era qua, ora, nell’emergenza e nella paura.
Tutti si affollano nervosi attorno a te, angosciati per la dura prova che dovrai affrontare. Tutti ti parlano, ti consigliano, ti incoraggiano, ma tu non ascolti.
Le tue palpebre si fermano per qualche secondo, respiri lentamente, alzi la testa e volgi quel tuo sguardo terribilmente tranquillo verso il toro, là in fondo, al quale poi ti avvicini elegantemente, come estraneo a tutta l’inquiedutine che ti attornia.
Immobile tra le raffiche di vento, non ti muovi, il toro sfiora il tuo corpo, si avviluppa attorno a te, si volta veloce contro le tue gambe e i passi si susseguono gli uni agli altri malgrado la violenza delle cariche ripetute e potenti che potrebbero travolgerti. Il trionfo già lo senti, nel mormorio del pubblico, nelle grida dei tuoi subalterni: Bien Christian! Bien torero!
Torero. Nimeño II era un torero gentile. Christian Montcouquiol un uomo coraggioso e vero. Tanto coraggioso e vero da sapere che senza quel maledetto braccio sinistro che non ne voleva più sapere di funzionare, di reggere la muleta, di aspirare le cariche di un toro, la sua vita poteva finire.
Il destro è il braccio che affonda la spada, il destro è il braccio che ha costruito il cappio e poi l’ha arrotolato attorno al collo.
Era il 25 novembre del 1991, quel giorno Nimeño s’est pendu chez lui, dans son garage.
Arles, domenica 9 settembre 1989, ultima corrida della feria delle Primizie del Riso. Christian è fermo all’entrata del burladero. Io sono dietro di lui. Non leviamo gli occhi dal toro, e commentiamo a voce bassa la faena d’El Boni e le reazioni del Miura. Di tanto in tanto, quando il torero sembra in pericolo, Christian trasale, e le sue mani si copntraggono sulla cappa. Lo sento pronto a scattare.
– Il toro lo cerca!
Siamo a metà della corrida, Christian e Victor Mendes hanno affrontato ognuno il proprio primo avversario. El Boni si avvicina adesso alla barriera per prendere la spada. Il suo viso gronda di sudore, ma c’è felicità nei suoi occhi, perché sa di aver toreato bene.
Tra pochi minuti uscirà in pista un grande toro grigio. Mi fa già paura, ma ancora non so che è quello che temo da sempre, quello che stroncherà mio fratello e trasfomerà il sogno in incubo.
Fin dal mattino, Christian sa che il toro è impressionante, e che il pubblico attende con impazienza che esca.
Si gira allora verso di me, e sorridendo mi dice:
– Fortunatamente io sono sereno, nell’arena.
Alain Montcouquiol ha visto suo fratello bruciare per la passione ai tori, vestirsi di luce in Europa e nelle Americhe, e poi di passione ai tori decidere di morire.
Ne ha scritto in modo sincero e vero e straziante e altissimo, in due libri straordinari: Recouvre-le de lumière (dal quale sono tratti i brani qui sopra) e Le sens de la marche.
(in occasione del ventennale della scomparsa del torero, uno street artist volle celebrarlo sui muri di Nimes con un’azione di arte libera e contemporanea e pure dal sapore così classico: “N2 – toujours vivant”, qui e qui)