Il toro di Céret

0
935

Anche quest’anno Céret de toros si è confermato come il grande appuntamento torista della temporada. Nella piccola cittadina della Francia pirenaica, a un pugno di chilometri dal confine spagnolo, tutto ruota intorno al Dio Toro, dentro e fuori l’arena: l’area esterna in cui si mangia, si beve e si discute di tori in vibranti tertullias multilinguistiche e multiculturali (come sempre animate anche da un piccolo gruppo di aficionados italiani, quest’anno ne ho contati ben quattordici), le bandiere catalane (e nessuna francese, nonostante la feria sia iniziata quest’anno il 14 luglio, festa nazionale), l’abbigliamento del pubblico e degli areneros, la musica.

Céret regala un’atmosfera unica agli aficionados, inimitabile anche per alcune città spagnole che hanno tentato di emularla. Il toro è l’unico protagonista della fiesta, così come deve essere. Naturalmente è bandito da Céret il monoencaste Domecq che ormai prevale in tutte le plazas principali. A essere scelte sono ganaderias dure, alternative, a volte in via di sparizione. Nelle corride il tercio de varas, che ormai è diventato nel resto del mondo taurino quasi una formalità, a Céret è fondamentale. I matadores che si esibiscono a Céret quasi mai sono figuras deltoreo, ma vengono accolti e applauditi come meritano uomini che hanno il coraggio di mettersi di fronte a tori imprevedibili e intelligentissimi, che non permettono il minimo errore e, a volte, capiscono l’inganno della muleta e puntano direttamente all’uomo. Toreri che solo sporadicamente calcano le arene di prima categoria come Robleño, Sanchez Vara e, dopo l’edizione di quest’anno, Gomez Del Pilar sono venerati a Céret come degli eroi.

Il cartel di quest’anno, messo a punto dall’ADAC, l’Association Des Aficionados Cérétans che dal 1988 organizza la feria, era ricco come non mai: apertura il pomeriggio del 14 luglio, con una corrida di Peñajara de casta Jijona per Rafaelillo, una piccola star delle corride dure, sovente presente nelle arene di prima categoria, Alberto Lamelas e Javier Cortés. Nei due giorni successivi due corride de toros, quella dei Saltillo per Sanchez Vara, Damian Castaño e Maxime Solera e quella di José Escolar Gil per Gómez del Pilar, Alvaro De La Calle e, di nuovo, Javier Cortés (quest’ultimo in sostituzione di Robleño infortunatosi qualche giorno prima a Pamplona). Una novillada di Los Maños completava il cartel

Ben presentati, reattivi al cavallo ma poco resistenti al tercio de muleta almeno 4 dei 6 tori Penajara che hanno aperto la Feria. Da segnalare il sesto toro, Panceto, accolto da Javier Cortés con una bella serie di veronicas. Nel tercio de varas il toro ha subito ben 4 puyazos, caricando con un certo impeto. Alla muleta Cortés ha eseguito buone serie en redondo, con il toro che caricava basso con buon recorrido. Oreja, l’unica della tarde, per Cortés.

Poco da segnalare per il resto della corrida, se non la grave cornata sotto l’ascella (15 cm. con tre traiettorie) subita da Rafaelillo dal quarto toro della tarde. Dopo aver ricevuto le prime cure a Céret e, quindi, all’ospedale di Perpignan, il torero murciano ha voluto essere trasportato all’ospedale di Murcia per essere operato, il che ha suscitato nei giorni successivi qualche polemica sulla presunta inadeguatezza dell’assistenza medica nella plaza di Céret, alimentata anche da un comunicato stampa di una figura del recente passato come Juan José Padilla (il che ha fatto pensare ai maligni che forse gli eretici toristi di Céret cominciano a dar fastidio allo show business taurino). 

Proprio mentre sto scrivendo leggo che lo stesso Rafaelillo mette a tacere le polemiche affermando, in un comunicato ufficiale, che “la sua decisione di essere operato a Murcia non è stata in alcun modo dovuta alla scarsa fiducia nella professionalità dell’équipe medica di Céret, che anzi ringrazia per il trattamento e l’attenzione, ma semplicemente alla volontà di accelerare il recupero per poter toreare a Mont de Marsan” (dove Rafaelillo ha effettivamente toreato il 23 luglio nella corrida di Pedraza de Yeltes).

Dopo l’anonima novillada dei Los Maños (buoni i novillos ma decisamente acerbi i tre novilleros), la corrida dei Saltillo è stata emozionante, se non altro per la rara opportunità di ammirare questo hierro mitico, ma forse al di sotto delle aspettative, sempre considerando che chi si reca a Céret nutre aspettative altissime. Damián Castaño si è confermato un matador all’altezza di Céret, tagliando un’orecchia al complicato secondo toro e continuando nel suo percorso che, speriamo, lo porterà a calcare le arene più prestigiose di Francia e Spagna. Se lo merita.

Sangue, sudore e lacrime hanno caratterizzato la corrida finale, quella degli Escolar Gil, la più appassionante della feria. È stata una di quelle corride che segnano la storia di una plaza e rimangono nella memoria degli aficionados per sempre.

Ha aperto la tarde Alvaro de la Calle, un torero di 46 anni che si è conquistato un posto di tutto rispetto nelle corride dure dopo la corrida del Domingo de Ramos dello scorso anno a Las Ventas quando, da sobresaliente, si fece carico di 5 tori dopo il grave colpo subito dal primo toro da Emilio de Justo, che quel giorno era annunciato come unica spada

Alvaro ha fatto il possibile davanti al primo toro di Escolar encastado e di gran recorrido, ma non è mai riuscito a dominarlo e è apparso spesso in seria difficoltà. Il tercio de la muerte è stato drammatico: entrato a matar, il torero è stato colpito da una cornata alla gamba destra e incornato anche quando era a terra e è uscito esanime dalla plaza. Operato nell’ospedale di Céret, de la Calle è oggi in buone condizioni e spera di tornare al più presto nel ruedo: “tornerò a giocarmi la vita a Céret”, ha dichiarato il torero di Salamanca nei giorni scorsi.

Anche Javier Cortés è stato costretto ad entrare nell’infermeria dopo essere stato colpito mentre entrava a matar il suo secondo toro. Rientrato nell’arena per combattere l’ultimo toro, ha offerto una prova coraggiosa soccombendo, però, sovente all’imprevedibilità e reattività del toro Albaserrada.

Gómez del Pilar è stato l’eroe della tarde: dopo aver tagliato un’orecchia al suo primo toro, con forte richiesta della seconda, con una faena memorabile al suo secondo toro è entrato definitivamente nella leggenda di Céret e nel cuore degli aficionados. Ha toreato de verdad, sempre collocado en el sitio y cargando la suerte, affrontando a viso aperto un toro intelligente e encastado, e solo l’errore alla spada lo ha privato del trofeo. È uscito comunque nel tripudio della folla che ha trovato, ormai possiamo dirlo, l’erede di Robleño.

Per concludere, anche quest’anno Céret si è confermata come il tempio dell’afición torista, un appuntamento immancabile per chi, stanco della monotonia e prevedibilità delle grandi ferias, sceglie di immergersi per tre infuocati giorni di luglio in un’atmosfera quasi lisergica fatta di caldo, sudore, alcol ma, soprattutto, tori e toreri veri.

SCRIVI UN COMMENTO