Pelajes: jabonero

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ph Laurent Larrieu - jabonero di Prieto de la Cal

Pelajes è una serie di articoli che dedichiamo all’esplorazione dell’articolato tema della colorazione dei tori da corrida: nell’immaginario comune il toro da combattimento è risolutamente nero, ma il campo bravo è ricco di una varietà sorprendente di manti, li scopriremo uno alla volta.

JABONERO

Facente parte delle cinque colorazioni semplici insieme a quelle bianca, nera, tostata e rossa, la famiglia del manto paglierino tradisce nell’animale le ascendenze di casta vazqueña e principalmente di quell’encaste veragua che nell’immaginario aficionado è meccanicamente associato a questo pelaggio. I tori pajizos hanno sovente una pelle spessa e abbondanti riccioli sulla fronte, sul muso e sul moriglio, elementi questi che suscitano ancora un’immagine di maggiore autorevolezza e importanza.

Nel gruppo paglierino si distinguono tre differenti categorie di colorazione: albahío, barroso e jabonero propriamente detto.

Il toro jabonero sfoggia un manto tendente al giallognolo che ricorda il caffellatte o il sapone di Marsiglia, pur sempre con una nota di tonalità più scura e terrosa: questo è ancor più evidente nel jabonero sporco (sucio), che si differenzia dal jabonero claro per un’impronta più marcata di queste sfumature.  A sua volta il jabonero chiaro può presentarsi con riflessi grigiastri che conferiscono una luce perlacea al pelo: si parla in questi casi di jabonero perlino.

I tori dal manto paglierino o jabonero coprono circa l’uno per cento del totale dei capi del campo bravo: sono molto frequenti negli allevamenti di sangue veragua (quello in purezza di Prieto de la Cal, quello più discusso di Aurelio Hernando), ma occasionalmente anche in ferri come Juan Pedro Domecq, Jandilla, Fuente Ymbro, Torrestrella in virtù delle lontane origini vazqueñas.

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Aguardentero, toro jabonero di Prieto de la Cal, mise a ferro e fuoco l’arena di Arles nella straordinaria corrida concorso del settembre 2009: quattro assalti al cavallo, sempre abbassando la testa nelle ultime falcate, l’ultima picca presa dopo una galoppata di 25 metri. Rafael López, cavaliere agli ordini di López Chaves, non lo dimenticherà.

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(per approfondimenti è possibile consultare Adolfo Rodriguez Montesinos, Pelajes y encornaduras del toro de lidia, Ibercaja, 1994; José Luis Prieto Garrido, Guía de campo del toro de lidia – Pintas, particularidades y encornaduras, Almuzara, 2013; Tomàs Mata, Cuaderno de campo del toro bravo, Div. Prov. de Ciudad Real, 2006)

 

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