Silenzio o musica durante una faena? La questione è aperta a Madrid, dove dal 1939, a parte un’eccezione cinquant’anni fa, si è rinunciato alla banda mentre i toreri lavorano. Un segno della serietà di Las Ventas?
Ci ripensavo sabato scorso, seguendo la corrida del Puerto de San Lorenzo con cui Miguel Ángel Perera ha trionfato, tagliando un’orecchia per ciascuno dei suoi animali. Quanto sarebbe cambiato di quella danza se la banda avesse preso a suonare? Ci ripensavo lunedì, quando per ricordare la figura gigantesca di Victorino Martín, ho riguardato alcuni spezzoni della cosiddetta corrida del secolo. Durante il celebre par de banderillas di Luis Francisco Esplá, la voce mitica e sapientissima di Matías Prats Cañete invoca la musica.
Non so immaginare come cambierebbe Las Ventas con la musica, magari solo – come pretende Prats Cañete – in casi eccezionali. So che uno dei libri che in Italia noi aficionados leggiamo con più cura è quello di José Bergamín, intitolato La musica callada del toreo ovvero La musica silenziosa del toreo che fu qui tradotto da SE come L’arte del toreare e la sua musica silenziosa. È un libro prezioso e a quel grande poeta e aficionado feci ricorso anni fa, scrivendo il mio libro taurino. Copio qui sotto le prime pagine del capitolo intitolato “La verità del silenzio”.
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“L’arte magica e prodigiosa di toreare possiede anch’essa la sua musica (interiore ed esteriore) e questa è la sua parte migliore. Musica per gli occhi dell’anima e per l’udito del cuore, che è il terzo orecchio di cui parlò Nietzsche: quello che ascolta le armonie superiori”. Quando a El Espinar, nell’agosto del 1986 ascoltai dallo spiazzo polveroso la mia prima corrida, non conoscevo José Bergamín. Non sapevo nulla di quel geniale poeta e drammaturgo che scrisse cose tra le più belle e illuminanti sulla tauromachia. Per me c’era solo lo sbalordimento di una musica che non avevo mai ascoltato, una musica che annebbiava la vista e c’era solo un silenzio solenne, un silenzio che sembrava spaccare il cielo bruciato dal sole dell’altopiano sotto la sierra de Guadarrama. È in quel silenzio che Bergamín cerca la vera musica della corrida. Perché nel suo scritto più celebre, La musica silenziosa del toreo, Bergamín rimpiange il tempo in cui l’orchestra non suonava durante l’ultimo terzo, mentre si svolge il lavoro conclusivo, la faena: l’arte del torero, infatti, porta già in sé una sua musica, una musica dell’anima, una musica che non si può suonare ma solo vedere, una musica da guardare nei movimenti che il matador fa assieme al toro, nella sua danza conclusiva, una musica che tracima e che porta oltre. “Il fatto è che il toreo possiede la sua musica silenziosa, musica per gli occhi. Coloro che meglio di tutti l’hanno capito sono i toreri gitani”. Tra di essi il torero cui Bergamín dedica le sue parole: Rafaél De Paula. Un artista scontroso, eccessivo, lunatico e gitano, pronto a chiedere spesso all’orchestra di non suonare durante la sua faena. Solo silenzio e poco altro perché “la musica silenziosa del toreo può ricevere sostegno e stimolo dagli olé e dal battito delle mani. Era il caso del gitano De Paula, il quale prendeva slancio, sembrava voler superarsi, nel suo toreo finissimo e profondo, all’udire il ritmico battimano dei suoi, che non era una musica di disturbo, ma la musica del suo stesso toreo, a lui intonata. «Musica è quanto fa consonanza» ci dice Calderòn. La silenziosa musica del suo toreare consuonava con quel battere di mani, ne riceveva impulso.”
Solo a Madrid oggi è possibile vedere la musica del toreo, quando capiti di assistere a una grande corrida. Se vogliamo stare ai giudizi del grande gitano che citava Bergamín, Rafaél De Paula, “oggi l’unico che quasi sa toreare è José Tomàs”. Trovarsi a Madrid e riuscire a vedere José Tomàs. Ecco un’opera d’arte per cui si potrebbe dare tutto, visto quel che JT ha realizzato nelle due tardes in cui ha fatto ritorno a Madrid nel 2008: momenti epici, in cui ha vibrato sull’arena quella musica di cui parlava Bergamín, la musica silenziosa. A Madrid infatti – unica città in Spagna – la musica è vietata. La decisione fu presa il 24 maggio del 1939, quando la plaza riaprì per la prima corrida dopo la guerra civile. La banda che aveva accompagnato il lavoro di Marcial Lalanda, grande torero non particolarmente in giornata, non suonò invece durante la faena memorabile di Domingo Ortega scatenando le critiche degli appassionati. Si risolse la questione vietando la musica per sempre, anche se un’eccezione fu fatta in via del tutto straordinaria nel 1966 per Antonio Bienvenida. Dopodiché silenzio.
(da Il toro non sbaglia mai, Ponte alle Grazie 2011)