La rabbia di Hemingway

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Quando Jonathan Cape pubblicò in Inghilterra Morte nel pomeriggio, non ebbe cura di informare l’autore dei tagli e gli accomodamenti per la versione inglese del libro. Hemingway andò su tutte le furie. Inviò al suo editore inglese una violentissima lettera datata 19 novembre 1932. Un documento FINORA inedito, che vedrà la luce nel quinto volume (dei 17 previsti) della monumentale raccolta epistolare “The Letters of Ernest Hemingway”, relativo al periodo 1932-1934, che sarà pubblicato in primavera inoltrata dalla Cambridge University Press.

Non erano ancora i tempi della correttezza antitaurina in voga oggi. Si trattava soprattutto della lingua scarna e rude, capace di assimilarsi al gergo come non era affatto comune nei romanzi del tempo. Una frase come “andate a farvi fottere” era stata sostituita da “andate a farvi impiccare”. L’’aggettivo “fottuto” era stato cambiato in “blast”, letteralmente “esplosione”. Insopportabili per la morale dell’epoca sarebbero state anche le parole “bastardo” e “carogna”, spiegò l’editore a Hemingway.

Ma l’autore americano non fece sconti. “Sarò io a prendere la mia maledetta decisione, su cosa voglio e cosa non voglio scrivere. Non ho alcuna intenzione di vedere il mio libro sciupato da mani ignote. Tutto il piacere che avevo di pubblicare il mio libro in Inghilterra è svanito a causa della sua lettera dello scorso 3 novembre. Non capisce che se un taglio o cambiamento deve essere fatto, sono io a doverlo decidere, se non vuole che il libro venga rovinato?” “Se vuole pubblicare altri miei libri, è necessario che Lei capisca questo molto chiaramente – proseguiva la lettera di Hemingway anticipata dal quotidiano londinese ‘The Guardian’ – Lei non è il mio vicario. Se il Papa è il Vicario di Cristo, è perché il nostro Signore non si trova qui sulla Terra per prendere di persona le sue decisioni. Io non sono ovviamente Cristo, ma finché sono qui sulla Terra prenderò io stesso le mie decisioni su cosa voglio e cosa non voglio scrivere”

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