A Madrid per Borja Jiménez

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Alessandro Zalonis ci racconta la sua Madrid taurina

Madrid è sempre uguale a sé stessa, mi piace perché poco cambia, alberghi, ristoranti, negozi, bar e tutto ciò che conosco e che prediligo lo ritrovo sempre. Paradossalmente potrei dire che è una città immaginaria.

L’albergo è il medesimo da tanti anni così come i ristoranti: Casa Alberto, Casa Ciriaco, La Bola e il preferito El Landò. Non mi interessa di cercarne di nuovi e poi perché? I camerieri in giacca bianca affabili e precisi, sempre lo stesso menu, non c’è spazio per contaminazioni o modernità. E la colazione? Rigorosamente nei bar vecchio stile, in piedi davanti al bancone o seduti a tavolini di legno scuro. Arrivano grandi croissant da mangiare con le posate. A Siviglia si va a La Campana, a Madrid al Café Gijon.

A Madrid vengo sempre al Wellington. Le stanze hanno ancora armadi e cassetti in legno di bois de rose e le stampelle di palissandro. È l’albergo prescelto dai toreri durante la feria di San Isidro. E io vengo a Madrid per i tori e San Isidro. Quest’anno sono venuto a seguire un torero: Borjia Jiménez.

Ho letto ovunque che sarebbe la nuova speranza degli aficionados. Che sia duratura? Ogni anno qualcuno emerge. Roca Rei, Talavante, Manzanares, hanno avuto buone stagioni ma poi non è facile mantenere le aspettative. E soprattuto sono toreri senza duende, senza quel senso fatale della morte.

Dunque Borjia Jiménez.

La prima volta che l’ho visto è stata la notte antecedente alla corrida, fuori dal Wellington parlava con un uomo. Mi pareva che non avesse la cara de torero: lo sguardo era nervoso, eccitato. Poi, poche ore prima della corrida è entrato nell’ascensore. Aveva una banana in mano, magrissimo, gambe sottili e petto stretto.

Sguardo sfuggente, teneva gli occhi bassi. Infine, mezz’ora prima della corrida lo rivedo nella hall con i suoi picadoresbanderillerosTraje de luces color grigio perla, si concede a qualche fotografia, ha l’aria preoccupata, tesa. È umano, insomma, si guarda attorno, cerca sguardi degli amici, degli aficionados, non vuole essere solo.

Mi viene subito in mente il torero più imprendibile: José Tomas.

Lo inseguivo da tempo e finalmente avevo i biglietti per vederlo a Valladolid nel 2016. Tutti gli alberghi della città erano strapieni, non si trovavano stanze da nessuna parte, niente da fare. Un mio amico mi segnalò una finca a mezz’ora da Valladolid, persa nel nulla della campagna.

Il giorno della corrida, un’ora prima dell’ora fatidica, mi attardavo nella hall, quando lo vidi arrivare, Jose Tomas e i suoi uomini dietro. Traje de luces colore viola, lo sguardo da pazzo, torvo, occhi sbarrati, il corpo magro ma devastante per la rigidità e per la forza che emana. Non vede nessuno, non c’è nessuno. Fluttua, va via. Un’apparizione. Indimenticabile.

Arriviamo a Las Ventas. I soliti bar attorno alla plaza sono zeppi di uomini che bevono tinto de verano e mangiano e parlano facendo previsioni. Oltre a Borjia Jiménez il cartel prevede Roca Rei e Emilio de Justo.

La plaza si riempie in 10 minuti, è enorme, ma non ha il fascino di quella di Siviglia. Il primo toro è per de Justo, ma non ricordo nulla di interessante. Ora è il turno di Borjia Jiménez, il suo toro si chiama Dulce.

Borjia, si mette in ginocchio e aspetta il toro a porta Gayola. Poi si alza e inizia a danzare con Dulce sia con il capoteche con la muleta. Il toro gli passa vicino, sempre più vicino, lo sfiora più volte e lui lo controlla con sicurezza.

La plaza è incantata e il toro sembra ipnotizzato dal torero che lo manovra con una facilità sorprendente, fino al momento della verità. Volano i paňuelos, le grida sono alte, il presidente concede un orecchio, il pubblico vuole il trionfo completo, ma il presidente nonostante 20.000 persone che gridano come folli, è imperterrito e non lo concede. Borjia è incredulo. Fa ben 2 giri della plaza, scuote la testa, mentre protesta e riprovazione continuano.

Il vero torero però non si ferma in casi simili. Il suo secondo toro Borja lo affronta con sdegno e nonostante abbia perso la magia che aveva avuto con il primo toro riceverà un orecchio anche stavolta. L’uscita in trionfo è conquistata.

Il mancato secondo orecchio a Borjia per Dulce è stato considerato dalla stampa unanimemente uno scandalo, una vergogna. Leggerò l’indomani questo commento sul presidente della plaza, Jose Luis Gonzalez: se ha ancora della dignità si dimetta questa stessa notte.

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