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Vivere la feria di Céret nell’anno del centenario è stata un’esperienza di misticismo taurino. Dopo aver assistito a due corride e a una novillada nel caldo torrido della piccola plaza de toros ceretana capisco bene le parole di Alejandro Martínez, che sul País ha definito questa feria torista come il Camino del Torismo, facendo un calzante parallelo con il Camino de Santiago de Compostela.

Céret è una cittadina di meno di 8.000 abitanti nel sud-est della Francia, a pochi chilometri dal confine con la Spagna. Nonostante sia in territorio francese, Céret è un’estensione della vicina Catalogna, e lo spirito e la cultura che la animano sono profondamente catalane. Bandiere francesi non se ne vedono, al contrario ci sono decine di bandiere catalane in giro per la città e, naturalmente, nella plaza de toros.

Vanta un minimo di notorietà per la produzione di ciliegie, ma è un luogo quasi mitico nel panorama taurino, al punto che ogni anno, a luglio, sempre in coincidenza con la fine dei Sanfermines, è meta di pellegrinaggio per centinaia di aficionados dalla Spagna (Catalogna soprattutto, dove gli aficionados sono stati privati del diritto di andare ai tori) e dal resto della Francia. Non manca un piccolo gruppo di aficionados italiani che da anni si spinge fino a questo remoto angolo di Francia e si è conquistato un rango di prestigio presso l’esigente afición locale. 

Cosa rende un’anonima cittadina dei Pirenei Orientali un posto così speciale? Il toro. Il toro con tutta la sua integrità e il suo coraggio, il toro encastado e duro, quello che non perdona gli errori e vende la sua vita a caro prezzo. A Céret si va a vedere i tori, non i toreri. L’ADAC, l’Association Des Aficionados Cérétans che dal 1988 organizza la feria, setaccia le ganaderias alla ricerca dei tori più adatti alla sua concezione di tauromachia e alla piccola arena ceretana, che ha una capacità di quasi 4.000 spettatori. Tori encastados, resistenti, a volte encastes quasi estinte. A Céret non c’è spazio per il toro commerciale, quello creato per seguire la muleta e permettere al “matador artista” di disegnare traiettorie armoniche e, quindi, di trionfare. Anzi, in questo tempio dell’afición torista il tercio de muleta passa decisamente in secondo piano rispetto al tercio de varas. La vera star della plaza è il picador, non il matador. A Céret il toro riceve almeno due puyazos, spesso 3 o più, e carica il cavallo partendo da una distanza veramente inusuale. Un puyazo ben assestato fa balzare in piedi l’arena in un delirio di applausi. La musica è poi protagonista della fiesta e della corrida: prima del paseillo, che si svolge con l’accompagnamento di un brano originale e struggente, viene suonato Els Segadors, l’inno ufficiale della Catalogna, mentre la Santa Espina, una sardana patriottica proibita sia durante la dittatura di Primo de Rivera che durante quella di Francisco Franco, viene sempre suonata prima dell’uscita del sesto toro. 

Il cartel di quest’anno era costituito da due corride con i tori di Dolores Aguirre e Palha e una novillada con novillos di Don Alejando Vazquez. Matadores: Alberto Lamelas, Romàn, Maxime Solera, Sanchez Vara, Sergio Serrano, Damiàn Castaño; novilleros: Diego Peseiro, José Rojo, Leandro Gutierréz. Tra i picadores, la star Tito Sandoval ha picado sia nelle due corride che nella novillada. Le uniche orejas sono state per Alberto Lamelas (generosa) e per il novillero Diego Peseiro (dos orejas y salida a hombros). 

I tori di Dolores Aguirre hanno soddisfatto le aspettative, encastados e potenti al cavallo. Meno quelli di Palha (il secondo devuelto e sostituito da un Peñajara), tranne un mostruoso sesto di nome Saltillo (nomen omen…), complicato e dotato di corna ampie e fini che ha reso la vita difficile a Damiàn Castaño e ai banderilleros. Tra i matadores rimarrà impressa nella mia memoria la torerìa di Sanchez Vara, acclamato dall’aficiòn per un prodigioso tercio de banderillas e per l’atteggiamento eroico con cui ha affrontato i Palha.

Una feria entusiasmante che quest’anno celebrava il centenario dell’Arena di Céret, che ancora una volta ha affermato la fede nel toro integro e nel tercio de varas.

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