La pittura tauromachica di Roberto Altmann

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Un'opera taurina di Roberto Altmann

di Federico Torre

L’arte si occupa volentieri di corride perché entrambi sono linguaggi fondati sulla matrice di un significato nascosto, un mistero, un non conosciuto che sta al centro della rappresentazione, che attrae.

La corrida parla d’altro. Come l’arte. E’ un linguaggio esoterico. Un insieme di segni che rimanda a qualcos’altro e contiene un non detto. Come Cézanne che dipingeva brocche per parlare d’altro, e provava a ricondurre tutto a quello, a riassumervi dentro l’universo, scegliendo appositamente oggetti semplici per penetrarli, oltrepassarli, e trascendere la realtà. Anche la corrida si nutre di gesti necessari, che diventano enormi, e hanno la pretesa di riassumere tutto in uno spazio circoscritto, l’arena.

Dipingere le corride significa dipingere linee già esistenti. I toreri sono fabbricatori di segni che lasciano tracce, e dipingono linee, che sono porte, che conducono a qualcos’altro, e interagiscono coi segni lasciati dal toro in un miscuglio di linee. In un ritmo convulso che più che una danza è un disegno. E Roberto Altmann, magnifico pittore di Sestri Levante, probabilmente pensava a questo, quando provò a bloccare sulla tela certi gesti, e le linee di forza che vide lasciare dai toreri nell’aria nelle corride in Venezuela nel 2002.

I toreri sono pittori di cose vive, il segno del torero è il suo gesto. E un dipinto sulla corrida è sempre un’opera di secondo grado. Ed è proprio questo doppio intrico di linee che interessava ad Altmann, che poi è una cosa che si crea solo nella corrida e a volte forse in certi balletti, quando le figure si intrecciano, e lasciano scie luminose che hanno permesso a tanti pittori di dipingere l’energia semplicemente seguendola.

L’energia è sempre al centro della rappresentazione, come in certi bozzetti di Goya attualmente conservati al Museo della Tauromachia di Malaga, che tirano fuori dalla corrida la sintesi perfetta, in cui il pittore spagnolo rappresenta lo scontro fra uomo e animale in modo fisico, facendo percepire nella messa in scena della lidia un’esperienza solida, una danza densa. E la folla intorno urlante che amplifica il dramma. E Altmann, che è pittore di energia e studioso dello sviluppo di questa intorno ai corpi, non si esime dal confronto, cercando proprio la lotta, la lidia appunto, isolando i gesti, per rappresentare un’esperienza travolgente sotto forma di scariche elettriche, movimenti di uomini che spostano la muleta, o cadono a terra, oppure si rialzano e rimangono travolti, in una fusione di corpi che genera bellezza. Disegni carichi di vita, esplorazioni di uomini che tracciano linee su altre linee già tracciate da altri uomini, dove la pittura insegue la corrida, perché vorrebbe essere viva così. E intorno sempre la folla, urlante, come nei quadri di Goya, presente in modo fisico anche in certi lavori di Altmann, una folla che nella pittura, come nella realtà, aggiunge vita.La corrida è densa, come le brocche di Cezanne. E’ un rito che come i grandi dipinti ha la pretesa di racchiudere l’universo nello spazio di una cornice. E’ facile da dipingere perché portatrice di un mondo a parte, con un peso specifico enorme, una realtà aumentata. Tanto concreta che la si tocca. A volte la si mangia. A volte la si ingoia, senza capirla, e diventa carne.

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